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domenica 7 ottobre 2007

Piazzale Loretta - Uliwood Party di Marco Travaglio - 27 settembre 2007

Floris che processa Mastella a Ballarò è come Mike Bongiorno che scarica Loretta Goggi a Miss Italia. Il fuggifuggi dalla barca che affonda è talmente frenetico che non c'è più pietà per nessuno, nemmeno per parenti, amici, colleghi. Si salvi chi può, mors tua vita mea. L'altra sera il salotto del Vespino di sinistra, dove nessuno s'era mai lamentato e dove non s'era mai parlato di casta, anzi la casta la faceva da padrona, pareva la fossa dei leoni. Tutti contro uno, al punto da far apparire quell'uno quasi simpatico.

Naturalmente le usanze della casa non prevedono contestazioni precise nè domande che inchiodino l'ospite a rispondere sui fatti: così Mastella è stato investito da un gran frittomisto di case a metà prezzo e gite di Stato, giudici da trasferire e parenti da sistemare (anzi, sistemati). Così Mastella ha potuto ribattere con un frittomisto di vittimismo: "Questo è odio"(come se fosse obbligatorio amarlo); "non andrò in esilio come Craxi" (che peraltro era latitante); "non farò la fine di Marco Biagi" (come se criticare e sparare fossero la stessa cosa e come se Biagi fosse stato abbattuto sull'aereo di Stato e non in bicicletta); "lasciate stare i miei figli" (così può sistemarli meglio).

La notizia del giorno era la guerra del ministro al pm De Magistris, che indaga da solo in terra di 'ndrangheta, ha contro sia il governo sia l'opposizione e rischia, lui sì, di far la fine di Biagi e di tanti giudici vituperati in vita e santificati da morti. Ma il caso De Magistris è rimasto nel vago, anche perché bisognava contestare a Mastella tutto quel che non gli era stato mai contestato, tutto insieme. Così lui ha potuto sostenere che "la richiesta di trasferimento non riguarda l'inchiesta Why Not (dov'è indagato il premier e Mastella è stato intercettato con due faccendieri, ndr), ma le toghe sporche lucane". Bella forza: lo cacciano via per un'altra inchiesta, così perde anche quella che li riguarda.

Anche Castelli nel 2002, quando trasferì il giudice Brambilla che processava Berlusconi e Previti sul caso Sme, spiegò che il caso Sme non c'entrava e la sua decisione era puramente tecnica: solo che non ci credette nessuno e da sinistra partirono commenti durissimi che sarebbero perfetti anche ora sul caso De Magistris. Gli unici che l'altroieri tentavano di metter un po' d'ordine erano Stella e Belpietro, anche se il clima in studio era talmente ostile e l'ospite talmente imbarazzante che preferivano non infierire. Il Vespino ha fiutato che aria tira e s'è messo a vento: di suo non ha fatto nulla, ha solo lasciato che un Mastella ormai ridotto a Pastella si sfarinasse sotto gli occhi suoi e di milioni di telespettatori. Un suicidio politico in diretta.

Fino a un mese fa lo statista ceppalonico sarebbe stato soccorso, omaggiato dalla solita claque e dai soliti ospiti amici, salvato con uno stacco pubblicitario nel momento dell'afasia, rifocillato da mute di cani sanbernardo, se del caso munito di bombole a ossigeno. L'altroieri, invece, nulla: l'hanno abbandonato a se stesso su quella poltrona scomoda, buttato lì come una pianta grassa. Il Vespino è un furbino di tre cotte, sente scricchiolii tutt'intorno ed è trai primi a mettersi in salvo. Anzi, se gli riesce il doppio salto carpiato, tenta addirittura d'iscriversi ai demolitori. Per poter dire un giorno di aver fatto la Resistenza e meritarsi la medaglietta di antemarcia. Succede sempre così, in Italia, al tramonto di ogni regime. Chi l'ha combattuto dall'inizio, alla fine rischia di essere travolto dal pigiapigia di chi si accalca all'uscita con l'aria di non esserci mai entrato. E deve magari implorare pietà per i gerarchi caduti in mano ai neofiti dell'antiregime, che sono sempre i più zelanti e spietati.

Mastella è sempre stato Mastella. Ha sempre sistemato parenti e amici, detestato i pm che indagano, imbarcato inquisiti, condannati, scarti di Forza Italia e persino dell'Udc. Ma queste cose andavano dette il 19 maggio 2006, quando fu nominato ministro della Giustizia, e due mesi dopo, quando mise il timbro del governo Prodi sull'indulto-inciucio, rovinando per sempre l'immagine dell'esecutivo. Ora è tardi. Ora puzza tanto di piazzale Loreto: all'amatriciana, si capisce, perché nella storia le tragedie tendono a ripetersi in forma di farsa. Da Pizzale Loreto a Piazzale Loretta.

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